Allarme Salamino, un rischio per il lambrusco

Il ventaglio varietale della viticoltura Correggese potrebbe cambiare profondamente nei prossimi anni. La coltivazione del più classico dei lambruschi locali, il “Salamino”, rischia di perdere rapidamente di importanza: le crescenti difficoltà di coltivazione insorte negli anni stanno creando una diffusa disaffezione verso questo coltura nei viticoltori. Da sempre il Lambrusco Salamino, il più coltivato in senso assoluto ed il più versatile dal punto di vista enologico, non è particolarmente longevo nei terreni molto fertili e sabbiosi. Oggi però la durata di un vigneto di Salamino è dimezzata rispetto al passato: da quando sono state introdotte le forme dall’allevamento meccanizzabile,  verso la fine degli anni ’70, si vanno sempre più diffondendo malattie del legno che provocano l’improvviso disseccamento dei ceppi. In un moderno vigneto, ogni anno vanno perse percentuali di piante variabili fra il 2% ed i 5%, e la gravità del fenomeno è in aumento. Da sempre i viticoltori correggesi si stanno interrogando sulle cause e soprattutto sui cambiamenti nella tecnica viticola che possano avere generato questo problema. Di risposte però non ne sono arrivate, né dal punto di vista della fertilizzazione, né delle tecniche di gestione del suolo e nemmeno dai sistemi di potatura. Per ogni tesi ipotizzata esiste sempre una situazione opposta che la contraddice. Fatto sta che negli ultimi impianti realizzati, con la complicità della migliore remunerazione delle uve di varietà Ancellotta (destinate a produrre il famoso “Rossissimo” del quale Correggio la più nobile nicchia), di Lambrusco non se ne pianta più. A Correggio negli ultimi tre anni è stata piantata esclusivamente Ancellotta: se da un lato questa è una varietà piena di prerogative e peculiarità uniche e straordinarie, dall’altro non permette la produzione di bottiglie nelle sue innumerevoli tipologie, che di fatto sono la particolarità del Lambrusco, un prodotto che non si esaurisce in un’unica tipologia di vino bensì rappresenta una famiglia di vini (può essere bianco, rosato, rosso o rubino, ma anche spumante, secco, abboccato o dolce). Avanti di questo passo però il Lambrusco a Correggio rischia di estinguersi (in passato a Correggio più del 60% delle uve coltivate erano Lambrusco) e fra pochi anni, se non si interverrà ad invertire questa tendenza, ci troveremo a parlare di Salamino come varietà perduta da recuperare. E come sempre accade in queste circostanze, rischieremo addirittura di dimenticare che se sarà stata abbandonata un motivo ci dovrà pure essere stato.

 

NON CI SONO PIÙ LE NEBBIE DI UNA VOLTA

L’annata 2019 sarà ricordata dai viticoltori correggesi per le anomalie climatiche che fin dall’inverno hanno reso difficile la stagione produttiva che andrà finalmente a concludersi a settembre. Il raccolto sarà di un 20-25% inferiore a quello dello scorso anno ma comunque più soddisfacente di quanto ci si potesse aspettare ad inizio stagione, quando un periodo particolarmente asciutto e avaro d’umidità ha creato evidenti problemi di germogliamento dei vigneti.  Alle scarse piogge invernali si è affiancato un clima particolarmente povero di umidità relativa, del tutto anomalo per il nostro territorio, e quasi sempre leggermente ventilato. Tutto questo ha generato una forte disidratazione del legno, in modo particolarmente grave nelle varietà di Lambrusco. Un fenomeno che ha colto tutti impreparati, poiché mai verificatosi in passato.  A fronte di questa nuova esperienza diventa più facile pensare al ruolo dei cambiamenti climatici ed in particolar modo alla prolungata assenza delle nebbie, che ormai non possono più essere considerate una tipicità della pianura padana.  Assenza di nebbie che, a ben pensarci, ci accompagna ormai da decenni e che potrebbe addirittura essere una concausa della sofferenza vegetativa di una delle varietà più tipiche della nostra pianura, il Salamino, che oggi rischia di scomparire.

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