Intervistare Federico Brozzi (dal 2010 vive e lavora all’estero) è stato come girare il film dell’Italia in declino, con il fondato rischio di cadere nel populismo, che partendo dai “bamboccioni” del Padoa-Schioppa-pensiero arriva al triste primato della disoccupazione giovanile (42%).
Pertanto, chiedo al lettore di immedesimarsi in un marziano arrivato oggi sulla terra e che vuole leggere una storia contemporanea.
Perché a quarant’anni con un lavoro sicuro, decidi di ripartire da zero?
«Lavorando come sales area manager e “frequentando” il mercato, ho avuto il privilegio di fare un confronto tra il sistema lavoro Italia e quello straniero. Da questo paragone ho “visto” lo scadimento ed un impoverimento della qualità del lavoro e dell’imprenditoria nostrana.
Lavorare in Italia è diventato veramente triste, e i risultati si vedono.
Toccando con mano la realtà della gente che lavora, non si vede nient’altro che un aumento del menefreghismo, della furbizia, del non far fronte puntualmente ai propri impegni economici, a un mondo fatto sempre più di “conoscenze che contano”, lavoro nero e corruzione».
Quindi stanco di questo impoverimento?
«Nel 2008 ho maturato la decisione di cercarmi un lavoro all’estero o con l’estero e quindi mi sono detto, a 45 anni o lo fai adesso o mai più.
Morale: mi sono licenziato e sono ritornato a scuola in Inghilterra per 4 mesi per perfezionarmi nella lingua inglese.
A fine anno lo scopo era raggiunto, parlavo, leggevo e interloquivo in inglese in modo ben articolato».
Poi, capita quello che non ti aspetti.
«Esatto, nel 2009 non mi riuscì di trovare un lavoro e non solo nel mio ambito.
Così trascorsi l’anno a Correggio senza lavorare, cosa che mi fece sentire come un recluso. Poi finalmente, nel 2010 ho trovato impiego presso un’azienda che aveva programmi di espansione all’estero e, dopo una breve missione in Cina, siamo partiti col progetto “Michigan”.
Un anno in Usa, partendo per l’appunto dal Michigan con un inverno vissuto in mezzo a “gambe” di neve, dove le temperature arrivavano a -20, fino a scontrarsi coi +40 dell’estate nel sud Texas (ero vicino a Houston). Dall’autunno del 2011 lavoro e vivo 320 giorni all’anno a Fujairah negli Emirati Arabi, che poi era nei programmi del progetto “Emirati” dell’azienda Duna Corradini, per la quale lavoro».
Il tuo ruolo in questa azienda?
«Il mio ruolo è quello di general manager della società italiana che ha aperto qui un sito produttivo e il mio lavoro si svolge tutto in inglese.
Qui tutti lo parlano, anche le persone di mezza età e così pure gli Indiani, i Pakistani e i Filippini».
Come si vive a Fujairah?
«Il paese è sicuro, non ci sono praticamente reati, nessuno ruba niente e si può vivere in tutta tranquillità. Esiste una chiesa cattolica, non ci sono fondamentalismi religiosi, il paese è ovviamente musulmano e si può trovare una moschea ogni 100 metri, ma lo standard di vita è occidentale.
Il territorio è desertico e spostandosi dal mare s’incontra solo sabbia con qualche raro palmeto, qua e là alcuni arbusti spontanei o sparuti allevamenti di cammelli.
Tecnologicamente il paese è moderno, internet funziona benissimo, i cellulari pure.
In fin dei conti è abbastanza facile vivere qui.
Il clima viceversa è buono nei mesi invernali, terribile da maggio a settembre (temperature stabilmente fra 40 e 45 gradi e oltre i 30 di notte)».
Il tenore di vita è elevato?
«Per quello che ho visto, è certamente il paese più avanzato dal punto di vista dello stile di vita di tutti quelli del Golfo.
La gente è gentile e simpatica, la composizione della società è fatta al 90% da immigrati (Indiani, Pakistani, Filippini e Bengalesi) che svolgono i lavori manuali e di “fatica”.
Gli Arabi, che in tutto lo stato sono 1 milione su 8 di residenti totali, lavorano solo nel settore pubblico o vivono di business, visto che qui, freezone a parte, ogni attività economica deve per legge essere partecipata almeno al 51% da un locale. Il sistema comunque funziona, in quanto non ci sono tasse e non esiste l’Iva. Lo Stato applica qualche piccolo balzello su certe pratiche, mentre energia elettrica e benzina sono fornite a prezzi sovvenzionati (sottocosto).
Non esiste un parlamento e non ci sono elezioni.
Qui comandano i 7 Emiri (uno per ogni emirato, il capo di fatto è quello di Abu Dhabi) e l’atteggiamento verso il popolo è paternalistico e generoso: fanno star bene i loro sudditi e per questo sono ben voluti, d’altronde questo è una nazione che vende circa 3 milioni di barili di petrolio al giorno…»
Come spendi il tempo libero?
«Non si trova la vita notturna tipo costa Romagnola, almeno a Fujairah (a Dubai viceversa, ci sono discoteche, pub e ogni sorta di attrazione) Quindi, puoi immaginare che non c’è un granché da fare, qualche centro commerciale e poco altro.
Il mare non è attrezzato, qui la gente in spiaggia non ci va, in estate il mare è caldo e si può resistere non più di mezz’ora.
La mia vita è lavoro e casa, d’altronde ho 51 anni e alla sera sono anche stanco. Mi svago con un po’ di corsa a piedi e amo leggere».
Ti manca l’aria di pianura?
«Tornare a casa una decina di giorni ogni 3 mesi, può dare quel giusto stacco che un occidentale effettivamente desidera. Oddio non è che venire in Italia, o almeno in Emilia di questi periodi sia un gran godimento, l’inverno padano è proprio orrendo e anche se facciamo finta di dimenticarcelo, viviamo in un posto con una qualità dell’aria e dell’ambiente tra i peggiori al mondo (guardate le foto dal satellite). Qui l’aria è pulita e fisicamente si sta bene, il cibo è buono e abbastanza sano, ma non trovi ovviamente tutta la varietà che abbiamo in Italia».
Da ragazzino ti immaginavi così “la tua vita da adulto”?
«Se ti devo dire che questo era quello che avrei voluto fare da grande non lo so, ma da bambino sognavo di fare l’agricoltore e spero di realizzarlo nel giro di qualche anno, inshallah (se Dio lo vorrà, in arabo). Però quando eravamo ventenni, l’Emilia era l’isola felice e nessuno di noi si preoccupava del futuro.
Si trovavano tutti i “mestieri” che volevi, il potere d’acquisto dei salari era più elevato; si vedeva tutto rosa. Si poteva sperare di essere, a 45/50 anni, sufficientemente benestanti per poter eventualmente fare delle scelte. Poi, abbiamo scoperto che quei bravi politici che hanno amministrato l’Italia negli anni 80 hanno creato un’enorme massa di debito che sarebbe stata ripagata dalle generazioni future, che il lavoro dipendente era “il problema”, il costo da comprimere e quindi via la scala mobile. Lo Stato era una vacca da mungere “adesso”… chi arriva dopo s’arrangia!
Noi, siamo quelli arrivati dopo e ci ritroviamo quasi tutti a vivere si e no “benino”, senza risparmi e non siamo più importanti per il mondo del lavoro; o troppo vecchi o costiamo troppo.
Oggi c’è bisogno, e lo vediamo anche adesso con le politiche del lavoro basate quasi sempre su postulati falsi, di gente che costi poco.
Al momento, lavorare all’estero e con l’estero mi appaga, l’esperienza è interessante.
L’Asia dove mi trovo è la parte più dinamica e in un certo senso innovativa del pianeta.
Diversi economisti e sociologi hanno teorizzato che questo sarà il loro secolo e finché l’energia, più mentale che fisica, mi sosterrà cavalcherò l’onda».