Non c’è una vera e propria terza guerra mondiale, ma l’Europa oggi è attanagliata da una paura dominante (paura del terrorismo, dei migranti, della stagnazione) che, come una guerra, impedisce di risolvere i problemi».
Non sono parole tranquillizzanti quelle che risuonano tra gli stucchi e i velluti del bellissimo Teatro Asioli di Correggio, dove, il 27 aprile scorso, ho avuto il piacere di presentare e condurre, davanti ad un foltissimo pubblico, un interessante confronto dal titolo “Rive tempestose”.
Il Circolo culturale “Primo Piano”, per la serie dei suoi incontri sulle grandi questioni del mondo, ha voluto parlare di pace e di guerra nel Mediterraneo, invitando a Correggio Romano Prodi e Lucio Caracciolo.
Le parole citate sono di quest’ultimo, uno dei massimi esperti di geopolitica e direttore della rivista “Limes”.
Romano Prodi, che dopo le sue esperienze di Presidente della Commissione Europea e Premier italiano, ha importanti incarichi ONU in Africa, partendo dal quadro tempestoso che incombe su tutte e tre le sponde del Mediterraneo (quella europea, quella africana e quella asiatica), prova a infondere qualche speranza: «Qualche spiraglio di luce fa capolino, per via della possibile stabilizzazione della Libia, con l’intervento dell’ONU, e per via della ripresa del dialogo sotterraneo tra Russia e Stati Uniti sulla disastrosa crisi della Siria, un dialogo che dovrà però comprendere anche la situazione dell’Ucraina, il macigno da rimuovere» sostiene.
I due relatori concordano su tutta la linea, scavando, nelle loro analisi, sulle ragioni profonde della tempesta mediterranea.
Pace in Siria e stabilizzazione in Libia potrebbero portare un’attenuazione del fenomeno migratorio che comunque continuerà nei prossimi anni, soprattutto dall’Africa. È il parere di Prodi: «Il continente nero oggi conta un miliardo di abitanti, a metà di questo secolo saranno due miliardi.
L’Europa deve aiutare l’Africa con enormi azioni di carattere economico e politico. Solo così si potrà controllare il flusso di coloro che scappano dalla miseria».
Ma di migranti, comunque, il vecchio continente avrà bisogno. Anche su questo punto Caracciolo e Prodi la pensano allo stesso modo.
Prodi: «Prima del 2050, senza migranti, la Germania perderebbe 12 milioni di abitanti, l’Italia 6 milioni, l’Europa 70 milioni di abitanti».
Caracciolo: «Noi europei non possiamo permetterci di chiudere le frontiere; faremmo male prima di tutto a noi stessi.
Rinunceremmo a forza lavoro che ci serve: 2 milioni di migranti ogni anno vengono selezionati per impieghi che tengono viva l’economia europea».
Secondo il direttore di Limes, la crisi migratoria è una crisi della coscienza europea.
«L’UE sta reagendo in maniera isterica al fenomeno migratorio.
Senza un soprassalto di vitalità dell’Europa, l’alternativa sarebbe un dramma assoluto» dice.
Per finire, alla mia sollecitazione a rimettersi il congeniale abito dell’economista, Romano Prodi non si sottrae: «Dal 1980, con la finanza, con l’avversione contro le tasse, ci stiamo costruendo una trappola: la distribuzione non equa del reddito, la divisione impressionante tra ricchi e poveri.
Metà della ricchezza del mondo è in mano a 80 persone. Non c’è più la gente che può comprare.
Stiamo costruendo la stagnazione mondiale e le conseguenze per la stabilità e la pace, ce lo insegna la storia, possono essere gravissime».
Parole che pesano, qui all’Asioli, e aiutano la nostra riflessione.
Grazie ai relatori e grazie a Primo Piano per l’utile serata.