Abolizione dei voucher: conquista o regressione?

CGIL e Coldiretti prendono posizione sui buoni lavoro

Con il decreto legge n. 25 del 17 marzo scorso, il Governo ha recepito, nella sostanza, quanto richiesto dalla CGIL nei quesiti referendari per cui erano state raccolte nella primavera del 2016. Dunque il referendum non si farà, ma abbiamo raccolto le opinioni della CGIL e della Coldiretti correggesi sulla situazione che si è venuta a creare.

Renzo Giannoccolo (CGIL): «La CGIL ha chiesto l’abolizione dei voucher perché si sono dimostrati la nuova frontiera del precariato. Eludono i contratti di lavoro che, ancora oggi, consentono il ricorso ad un ampio e diversificato panorama di opzioni alternative con la garanzia di tutte le tutele di legge. A tale proposito, va ricordato che i voucher prevedono la copertura anti-infortunistica ma non garantiscono una pensione dignitosa: uno studio dell’INCA-CGIL nazionale dimostra che la pensione di una vita da voucher si aggira intorno ai 200 euro mensili!
Ma perché non si pensi che ci interessano solo i voucher, vorrei ricordare le questioni legate agli altri quesiti referendari per cui avevamo raccolto le firme nel 2016. Per i lavori in appalto, il committente deve essere obbligato “in solido” con l’appaltatore e con gli eventuali subappaltatori a garantire ai dipendenti le retribuzioni e tutte la altre spettanze e, in caso di cambio d’appalto, deve essere garantita la continuità lavorativa. A mio parere, si è discusso poco del tema “appalti”, sottoposto a referendum e che ogni giorno ci consegna notizie aberranti: ricatti, evasione fiscale e contributiva, irregolarità diffuse, comprese tangenti e mazzette.
Sul terzo quesito, non ammesso, le norme sui licenziamenti illegittimi, credo che in un futuro non lontano si procederà ad un’altra raccolta di firme, su un nuovo quesito che tenga conto delle osservazioni della Consulta.
Alla base di tutto il lavoro svolto, dalla raccolta delle firme fino al merito dei quesiti referendari, c’è la Carta dei diritti universali del lavoro. Ne suggerisco la lettura poiché, con i suoi 97 articoli, guarda al grande tema della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, non solo dipendenti ma anche autonomi, parasubordinati, atipici, precari e discontinui.
In sintesi, la Carta mette al centro la persona anziché la tipologia lavorativa e vigileremo affinché venga discussa e approvata dal Parlamento».
Sabrina Campani (COLDIRETTI): «Quasi 130 aziende agricole di Coldiretti del comprensorio di Correggio hanno utilizzato nel 2016 voucher per oltre 130.000 euro, pari a 13.000 ore di lavoro. I voucher sono nati nel 2008 per retribuire il lavoro occasionale o stagionale in agricoltura per le attività quali vendemmia, raccolta frutta, raccolta ortaggi, ecc. svolto da parte di pensionati, giovani. Questo metodo di retribuire per le prestazioni di breve durata ha semplificato moltissimo la burocrazia e abbattuto i costi sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. Al datore di lavoro infatti bastava recarsi in posta, in banca o in tabaccheria, acquistare i voucher, impiegare il dipendente nell’attività concordata e a al termine del lavoro consegnare i buoni, uno per ogni ora di lavoro, immediatamente riscuotibili. Con questa modalità non servivano assunzioni preventive, buste paga, ecc. e la retribuzione riscossa dal lavoratore erano esente da tassazione, non andava indicata nella denuncia dei redditi e per i pensionati non interferiva sulla riscossione della pensione. I dipendenti avevano anche la copertura assicurativa in caso di infortunio perché una quota del costo del voucher andava all’Inail per l’assicurazione infortuni.
Ora per i lavori stagionali in agricoltura non resta che l’assunzione con busta paga applicando il contratto degli operai agricoli a tempo determinato che presuppone, anche per pochi giorni di lavoro, a carico dell’imprenditore gli stessi adempimenti burocratici (come busta paga, CUD ,770) di una assunzione regolare e a carico del dipendente l’obbligo di fare la dichiarazione dei redditi e pagare l’Irpef cumulata con la eventuale pensione. Molti pensionati non saranno più disponibili e sarà più difficile reperire manodopera per le operazioni di raccolta. Il Governo ha promesso una soluzione ma al momento non c’è nulla di certo su quali potranno essere le modalità di gestione del lavoro stagionale».

COS’ERANO I VOUCHER E COME SONO STATI UTILIZZATI

Istituiti con il decreto legislativo n. 276/03, attuativo della cosiddetta riforma Biagi, i voucher sono dei buoni del valore di 10 euro ciascuno, acquistabili dal datore di lavoro e utilizzabili per il pagamento dei lavoratori. Dei 10 euro di valore nominale, 7,50 vengono riscossi dal lavoratore, 1,30 è versato all’Inps a titolo di contributi previdenziali, 0,70 all’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e il restante 0,50 come tassa di esazione. In origine hanno avuto una diffusione limitata, anche perché ne era previsto l’utilizzo solo per lavori di carattere occasionale e per alcune specifiche attività (lavori di giardinaggio, ripetizioni scolastiche, piccoli lavori domestici). Potevano essere retribuite mediante i buoni lavoro solo alcune categorie: disoccupati, casalinghe, disabili ed extracomunitari. Negli anni successivi, nuovi interventi legislativi ne hanno modificato la regolamentazione e tra il 2008 e il 2015 la possibilità di retribuire i lavoratori mediante i buoni è stata estesa a tutte le imprese e a tutte le categorie di lavoratori. Nel corso del 2016, secondo i dati dell’Inps, i voucher sono stati utilizzati per retribuire oltre 133 milioni di ore di lavoro pari ad un aumento del 23.9% circa sul 2015. Questa tendenza all’abuso nell’utilizzo dei voucher, si è registrata anche in regione con incrementi spaventosi: nel 2014 ne sono stati venduti 8.674.055, 12.758.796 nel 2015 e ben 16.779.784 nel 2016. La provincia di Reggio Emilia (quarta in regione, nel 2016 per utilizzo, dietro a Bologna, Modena e Rimini) ha visto lievitare l’uso e l’abuso dei voucher da 850.273 del 2014 (1.297.551 nel 2015) a 1.813.287 del 2016, utilizzati da circa 3.500 persone, per il 43% in attività “non classificate” (industria e, in particolare, grandi aziende). Tant’è che il commercio li ha utilizzati per il 15%, i servizi per il 13,3%, il turismo per il 7,7%, il giardinaggio e le pulizie per il 6%, il lavoro domestico per il 3%.

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